La cultura fa sistema, i lavoratori fanno la fame

Mentre la cultura fa sistema con l’avvio formale del progetto SIFcultura, nato dalla capacità del  Museo Archeologico del capoluogo ciociaro di porsi  come punto di riferimento all’interno di una provincia i cui musei, archivi e biblioteche sono abbandonati a se stessi, rilanciando una proposta culturale che abbina identità e protagonismo di rete ai luoghi della cultura, i servizi culturali a Frosinone subiscono definitivamente un taglio del  50%.

Questi servizi entrarono nei conti del comune dopo la strenua lotta degli allora LSU che con il nascere della Multiservizi riuscirono a far mettere in bilancio nel 2006 quasi 400 mila euro per l’apertura e custodia del museo, per l’apertura e accoglienza per la biblioteca, per l’apertura e la custodia della casa della cultura, per le mostre della villa comunale. L’Amministrazione oggi decide di riservare, salvo ulteriori ripensamenti peggiorativi prima dell’approvazione del bilancio il 31/3, ca €.160000 ai servizi che ovviamente si ridimensionano: i servizi alle mostre della villa comunale tramontano; chiude la casa della cultura; l’apertura, e solo quella, è garantita per il museo; per la biblioteca viene riservata la parte rimanente per garantire una apertura quotidiana.

Era il 21 ottobre 2019 quando l’amministrazione sentenziò il taglio ex abrupto del 78% dei servizi, con conseguenze disastrose anche per museo e biblioteca che dovettero chiudere i battenti per giorni.

Ai lavoratori – ma che vuoi che siano 24 lavoratori! – che dal 1998 svolgono questi servizi, prima precariamente, poi con contratto a tempo indeterminato, ora, con le coop, a singhiozzo, vengono garantite alla fine dei conti ca 9 ore settimanali di lavoro: dal 1998 al 2006 erano 20 le ore settimanali di lavoro riservate, poi con la società pubblica passarono a 30, per essere ridimensionate con l’avvento delle coop  nel 2013 a 23, per passare oggi a 9!

Ma come tutte le storie che si rispettano le cose tristi non finiscono qua. All’interno dei lavoratori oggi rimasti nei servizi vige una differenza notevole: alcuni rimangono a 12 ore mentre altri devono accontentarsi di 6 ore settimanali. Questi ultimi hanno pagato dazio nel 2013 quando furono estromessi  dal passaggio dalla Multiservizi alle coop per lunghi 5 anni, nonostante il giudice del lavoro già nel 2015 decretò all’azienda il reintegro, avvenuto però solo nel 2017 nel passaggio di appalto –cessione di ramo d’azienda avallata da una dubbiosissima interpretazione degli amministratori comunali! – da Solco (allora nelle maglie dell’indagine di mafiacapitale) ad Aton. I lavoratori in verità furono reintegrati poiché la Aton si vedeva inseguita dalle nuove cause intentate dai lavoratori per, stavolta, l’ipotesi  di “continuità di appalto”, cioè si susseguivano società riconducibili ad una nel susseguirsi nello stesso contratto.

Giovedì prossimo, 30 gennaio, vi sarà un nuovo incontro all’Ispettorato del lavoro tra parti sindacali, azienda e comune per firmare un accordo per i prossimi due mesi, proroga (determinazione n.71) che il Comune ha fatto ad Aton, per decidere di ripartire le ore in maniera equa tra i lavoratori, che pure vengono tutti dalla stessa storia. Una guerra tra poveri alimentata come al solito dal sindacato ‘aziendale’ CISL noto per opporsi a qualsiasi esigenza dei lavoratori pur di seguire le propensioni, spesso  ‘maliziose’, delle coop.

Nel frattempo il caudillo ciociaro si vanta di ulteriore risparmio nei servizi, ovviamente facendolo ricadere sui lavoratori che sono impegnati da ca 22 anni in queste attività. La memoria della destra italiana anche a Frosinone purtroppo è corta e confusa. I servizi di cui parliamo, che una volta erano svolti precariamente o affidati in forme non proprio consone a ditte esterne o addirittura amici, diventarono posti di lavoro stabili grazie alla lotta degli LSU, tanto da indurre l’ente a riconoscere i servizi e a gestirli in proprio. I soldi quindi furono messi in bilancio, e finì la spartizione più o meno clientelare della gestione. In verità l’ente locale mai pagò per intero la quota di bilancio dei servizi. Dal 1998 al 2006 i precari LSU, che offrirono alla città servizi per ca €.20 milioni, non erano a carico del Comune.Dal 2007 al 2012 ci fu, a fronte della stabilizzazione dei lavoratori in Multiservizi, un cospicuo intervento regionale per la stabbilizzazione dei lavoratori.

Solo nel 2013 l’ente avrebbe dovuto coprire finalmente, dopo 15 anni, la quota intera dei servizi. Guarda caso però nel 2013 la società fu privata dei contratti, mandata in fallimento, e i servizi, ridotti, furono affidati per 5 mesi alle cooperative sociali, alcune delle quali ritroveremo nell’inchiesta di mafiacapitale, altre invece sono ad appannaggio di parenti di famosi bombaroli fascisti. Ad oggi dopo ca 13 milioni di euro elargiti a queste coop inoppugnabili, che sono spinte avanti tra affidi diretti, proroghe e qualche maldestro appalto, di cui uno, proprio quello dei servizi culturali risolto al TAR . In ogni caso tutte queste società hanno perso in tribunale le cause di lavoro con i lavoratori Multiservizi estromessi nel 2013, e alcune di esse si sono date fallite, altre sono ‘scomparse’, proprio per non adempiere alla condanna del reintegro e del risarcimento.

Ma la memoria a Frosinone interessa ancor meno della cronaca che vede drasticamente ridotti i servizi alla cittadinanza. Dalla fine ingloriosa dell’epoca Marini Frosinone ha perso tantissimo nei servizi sociali, nei servizi alla scuola (da 8 a due scuolabus), nella cultura (taglio del 50%), nelle strutture (da 5 a due asili); nel verde, nella manutenzione stradale, nei servizi alla viabilità; nella manutenzione degli immobili; nei servizi di pulizia.

La cronaca nel frattempo ci dice che la cultura a Frosinone è così foraggiata. Al festival dei Conservatori nel 2019 c’è stato un impegno economico per €.85000 di cui €.55000 a carico del comune e il rimanente a carico di fantomatici sponsor (mancando i quali, come sono sempre mancati,  il comune si addosserà anche quest’onere). Al Teatro fra le porte l’impegno è stato di €.41600 di cui, attenti, per palco e sedie di €.8500. Su quest’ultimo dato rimbalza il ‘si cambia’, slogan della politica di questa amministrazione, che continua con le cattive pratiche avviate dalle amministrazioni precedenti (ogni anno, non si sa da quanti anni a questa parte) l’ente affitta per le prioprie iniziative sedie e palco per cifre che variano da 25 mila a 35 mila euro. Avremmo potuto comprare una poltrona relax per ogni cittadino! La festa della Radeca arriva a costare al cittadino fino a 40000 euro per alcune ore di iniziative. Festa che non ha alcuna ricaduta nella cultura cittadina fuori da quei momenti di festa. Il Natale in Città 2019 è venuto a costare ca 18 mila euro. La Passio Christi, affidata direttamente ad un noto e spregiudicato regista nel 2019 è costata 4000 euro. Gli anni precedenti almeno il doppio. Sempre allo stesso regista.

Potremmo continuare parlando del parco di cemento del Matusa, del drenaggio di risorse dell’inutilizzabile palasport, dei mutui distratti per costruire la replica di uno stadio, e di tanto altro ancora se fosse possibile riuscire a rintracciare le delibere, le determinazioni ecc. dopo la chiusura, pretestuosa, probabilmente unica in Italia, dell’albo pretorio storico che fa ripiombare l’Amministrazione di Frosinone nei bui anni della mancanza di trasparenza.

Ovviamente le considerazioni toccano inevitabilmente anche la politica dei aprtiti all’opposizione. I consiglieri comunali vivono una stagione che tutti speravano fosse di rilancio visto le facce nuove. Ma la politica è morta e i becchini sono proprio gli eletti. Mai una iniziativa pubblica, mai una assemblea cittadina, mai una campagna informativa a partire da un audit sul debito, mai una difesa della propria dignità calpestata dal caudillo in lungo e in largo a partire dal ruolo istituzionale, mai riferimento alla dubbia legalità, mai una iniziativa per capire perché si generano le povertà in città e perché i cittadini possono contare buste paga di 50 euro dopo 22 anni di lavoro; mai un intervento in difesa del salasso delle bollette, mai, cosa più grave di tutte, una sistematica opposizione al tracimante governo, anche solo per preparare un ricambio nel 2022. Mai i parlamentari eletti o i consiglieri regionali sono venuti in affiancamento dei bistrattati consiglieri cittadini. Mai una nota di solidarietà, un tentativo di ascolto, una presa di posizione, una tematica nazionale condivisa nella realtà cittadina. Ognuno vive la propria distaccata dimensione.

Non a caso, dunque, le situazioni di taglio, di precarietà, di servizi ridotti, di cittadinanza lacerata si producono e entrano nella vita di tutti i giorni. Sono frutto di tanti piccoli momenti che totalizzano e generano la grande cosa che noi a Frosinone possiamo rappresentare come disperazione, solitudine, abbandono, che tradotto significa miseria e difficoltà a campare per tanti, per troppi.

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